Ho un proiettore nell'ombelico

Roberto e Claudia | 29.07.2016

LUI: “Arrivo a casa dopo il lavoro e trovo tutto in disordine, calzini e abiti in giro, borse dei ragazzi qua e la, il letto a soqquadro, la cucina piena di piatti sporchi. E’ un caos totale. Mi sento furioso! Vorrei trovare ogni cosa al suo posto e invece lei lascia tutto in giro. Sono talmente arrabbiato che comincio a lanciare le cose che trovo in giro e mia moglie resta sbigottita. Spesso finiamo a litigare violentemente”.

LEI:”è un pazzo isterico! Perchè non la sistema lui la casa al posto di rompere e accusare sempre!! Quando si tocca questo tasto comincia a trattarmi malissimo, mi insulta, mi umilia pesantemente e io non lo sopporto!”

terapia di coppia roma 10 (2).jpg

Quando andiamo ad esplorare la storia di LUI emerge che la madre quando lui era piccolo lavorava tutto il giorno e nel momento che tornava e trovava la casa in disordine cominciava a strillare accusando e attaccando il figlio, che di tutta risposta incassava e si chiudeva. Egli si sentiva umiliato e in colpa per non essere all’altezza delle aspettative della madre. La rabbia per l’ingiusta accusa subita, lui la agiva su se stesso chiudendosi (piuttosto che esprimerla all’esterno) per proteggersi da un genitore critico. Guarda un pò lui fa la stessa cosa con la moglie.

Quando andiamo ad esplorare la storia di LEI emerge una madre molto critica e perfezionista che notava nelle sue prestazioni ciò che era fatto male piuttosto che ciò che andava bene. Lei non si sentiva apprezzata e stimata ma più svalutata e umiliata. Guarda un pò il marito somiglia proprio a sua madre richiamando la storia dell’ordine.

Ma che vuol dire tutto ciò?

Vuol dire che abbiamo un proiettore nella pancia con cui mostriamo sull’altro il film della nostra storia personale. Le scene scorrono sull’altro e crediamo davvero che questo film appartenga all’altro. Invece è il nostro. Ciò che più non tolleriamo e non sopportiamo dell’altro riguarda aspetti che non accettiamo in noi stessi. Questo processo è la causa principale dei conflitti che sono nella coppia. Ciascuno proietta continuamente sull’altro caratteristiche, modalità e aspetti irrisolti che sono della propria storia. E l’altro in qualche modo se ne fa carico quando invece di reagire in modo adulto e assertivo se ne fa carico, subendo o aggredendo.

Ma andiamo alla storia della nostra coppia: LUI mostra sulla moglie le scene del suo film fatte di umiliazioni, critiche, svalutazione. LEI se ne fa carico e si lascia invadere reagendo di contro furiosamente. Aggredire o subire sono infatti due facce della stessa medaglia. Il contenuto proiettato e accolto è la rabbia furiosa che porta i due coniugi ad essere violenti verbalmente e fisicamente. Ma questa rabbia è davvero la loro relazione? O riguarda più il rapporto con le figure genitoriali?

La reazione di rabbia infatti sembra sproporzionata rispetto agli stimoli iniziali, questo al di là di quanto la moglie sia davvero o meno disordinata. La rabbia sproporzionata di LUI non è verso la moglie, ma verso la madre. E la reazione violenta di LEI non è solo alle critiche di lui, ma anche a tutte le critiche di sua madre quando era piccola.

Per affrontare il conflitto che sta alla base della proiezione occorre RIAPPROPRIARSI DEL FILM: Più LUI si darà la possibilità di elaborare la sua rabbia verso la madre critica, più potrà stare in relazione autentica con la moglie nel qui ed ora, esprimendo i suoi desideri sull’ordine senza una lente di ingrandimento e nel rispetto di sè e l’altro. Prendendo responsabilità su ciò che desidera vedere in casa, lui si può attivare in prima persona per riordinare piuttosto che pretendere che lo faccia l’altro. Nella proiezione infatti si pretende che sia l’altro a cambiare: ES. “lei la deve smettere di lasciare tutto in giro, non ha un criterio d’ordine” diventa “come voglio contribuire a tenere la casa ordinata?”.

LEI si può riappropriare del suo film prendendo coscienza che lui non è sua madre, e lei non è più la figlia di 10 anni che subisce e incassa (o al contrario da adulta sbotta violentemente). Può mettere un confine col marito rimandando a lui il suo film e prendendosi la responsabilità con se stessa di farsi trattare correttamente dal marito, anche quando questi si sente arrabbiato. Così la frase”lui la deve smettere di attaccarmi, insultarmi e trattarmi male” diventa in un meccanismo di riappropriazione “Come permetto a lui di trattarmi male e mancarmi di rispetto? Come posso esprimermi in modo assertivo per proteggermi?”.

Trattare questa dinamica di coppia è complicato e a volte doloroso. Si tratta di lavorare costruttivamente per uscire dai ruoli vittima/carnefice/salvatore e diventare VERI UOMINI e VERE DONNE. Quando i partner si mettono in gioco davvero e hanno voglia di esplorare, prendere consapevolezza e prendersi la responsabilità di cambiare, allora la coppia può rifiorire, e può girare finalmente il SUO FILM e non quello di qualcun altro!