L’AMORE HA IL GREMBIULE

Don Roberto Secchi | 24.07.2019

Lassù sulle montagne, laggiù nel profondo del cuore.  Succede così, più sali verso l’alto, verso Dio, più scendi nel profondo di te, del tuo passato, della tua storia, dei ricordi, delle ferite. Ti ritrovi con dei muri di fronte che sono cresciuti giorno dopo giorno, mattone dopo mattone, incementati da certi silenzi che pian piano sono diventati invisibili.

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Anche noi nei giorni scorsi siamo saliti in alta Valtellina con le famiglie di Azione Cattolica, in quel rifugio chiamato Ain Karim abbiamo trovato ad aspettarci Claudia e Roberto Reis, con i loro figli, proprio come accadeva nelle nostre valli fino a poco tempo fa, quando alcune famiglie almeno nel periodo estivo, aprivano dei ristori per gli alpinisti, luoghi di accoglienza, di recupero delle forze, di canti, di buon cibo e di amicizie. Erano lì prima di noi, arrivati dalla capitale proprio per aiutarci ad assaporare il gusto dell’amore e lo hanno fatto con una capacità rara di unire le teorie umane, le conoscenze alla vita vissuta e alle esperienze alle quali tutti prima o poi siamo chiamati a dare un nome e un posto nella mente e nel cuore. Ho ricordato spesso in quei giorni le parole di uno scrittore inglese Julian Barnes che dice che l’amore non si può definire, può essere contenuto forse in una storia. Ed è quello che ho percepito in Claudia e Roberto, un amore fatto di umanità piena, di quotidianità, di fatiche riconosciute e non negate, di condivisione a volte allegra e a volte sofferta. Dio questo ci chiede: di essere sale, di scioglierci in ciò che viviamo, di consumarci, di spenderci, di dare sapore alla nostra vita innanzitutto, di non temere le ferite che il sale farà bruciare, perché ciò che brucia spesso guarisce e purifica. Un motivo ci sarà se troviamo il sale nelle lacrime e nel mare, nulla succede per caso. Durante il corso quel cuscino con cui ognuno ha lottato con l’altro, è diventato poi immagine di una barriera che a volte ti toglie ciò che di più prezioso puoi incontrare, lo sguardo di tuo marito, di tua moglie. Perché è dietro quella barriera che ti perdi e nello stesso tempo comprendi una vastità che neanche ti immaginavi. Famiglia. Una tavola imbandita. Una sedia vuota. Perché ci sia sempre un posto per Dio nelle nostre famiglie. Lui ospite e pellegrino che assume il volto di chi bussa e non importa da dove viene e dove va, contano i suoi occhi e il desiderio di avere qualcuno sul quale appoggiare il cuore. Un catino e un grembiule per la lavanda dei piedi, immagini di quella antica cena dove Gesù ha cinto alla vita un semplice panno e ci ha dato l’esempio, perché l’amore ha il grembiule e chiede di lavare i piedi e di baciarli, per poi rialzarci e ricominciare. Li vedo così Claudia e Roberto, quando mi chiedono con tenerezza di pregare nella Messa per i loro figli, sapendo che non tutto dipende da noi. Li vedo con il grembiule cinto alla vita, capaci di lavare i piedi di tutti, di chi accoglie, di chi è bloccato, di chi apprezza e di chi non vuol cambiare e non importa se al caldo sud o al freddo nord: l’amore non ha un posto, è un modo di vivere.